Altopascio
cittadina
Altopascio è un comune italiano di 15 698 abitanti della provincia di Lucca in Toscana. Già abitata in epoca romana, Altopascio sorge lungo la via Francigena, qui chiamata via Francesca Romea, una delle più importanti vie di pellegrinaggio medievali, che da Roma conduceva in Francia e proseguiva poi fino in Inghilterra. In questo luogo sorse lo Spedale di Altopascio con lo scopo di fornire assistenza ai pellegrini e di provvedere alla manutenzione della via stessa. La prima notizia dello Spedale "edificatus in locus et finibus ubi dicitur Teupascio" è del 1084, ma la fondazione è certamente precedente. Lo spedale fu fondato, secondo la tradizione, da dodici cittadini lucchesi o probiviri (probabilmente "lo coro duodenale" citato nella regola volgare), in corrispondenza di un passaggio obbligato tra il padule di Fucecchio e il lago di Sesto (ora bonificati) in prossimità del bosco delle Cerbaie; la scelta non era casuale, perché le necessità di assistenza e cura erano particolarmente sentite in quei luoghi pericolosi e malsani. Probabilmente ebbe origine da una comunità di canonici, così come la preesistente vicina abbazia di Badia Pozzeveri, all'interno del movimento di rinnovamento spirituale che attraversava la Chiesa nell'XI secolo. In breve lo Spedale divenne così importante che, per adempiere le funzioni cui era preposto, vennero fondati i Cavalieri del Tau, ordine religioso cavalleresco che da Altopascio si diffuse in tutta Europa (Italia, Francia, Inghilterra, Baviera, e pare anche Spagna e Portogallo). Il nome deriva dal lungo mantello nero che i frati indossavano, sul quale era la croce taumata, a forma di punteruolo, simile alla lettera tau τ greca. Questa croce, di origini remote, secondo alcuni si riteneva rappresentasse la lettera iniziale della parola Cristo, ma era già da tempo oggetto di venerazione da parte dei francescani, come simbolo della croce e col significato di perfezione, in quanto lettera finale - conclusiva - dell'alfabeto ebraico. Va inoltre ricordato che il tau compare anche in altri luoghi di pellegrinaggio, come Santiago di Compostela, quale simbolo dei taumaturghi e che nel Libro di Ezechiele (9,4) il tau viene contraddistinto come simbolo di salvezza. Nel caso dei frati di Altopascio, oltre alla simbologia religiosa, costituiva anche un riferimento agli strumenti di lavoro da loro usati, come martello e punteruolo, o alla stampella che implicava il sostegno offerto ai pellegrini. I cavalieri del Tau sono probabilmente il più antico ordine religioso cavalleresco d'Europa. Oltre all'assistenza dei pellegrini, i frati si occupavano anche della manutenzione delle strade e dei navigli da trasporto; inoltre curavano anche la costruzione e la manutenzione di ponti, cosa che attesta l'alto livello tecnico ed organizzativo raggiunto. La loro abilità è documentata dalla costruzione di ponti per l'attraversamento di diversi fiumi lungo la via Francigena, come l'Arno, l'Elsa, l'Usciana, il Taro e l'Arda. La Domus Hospitalis Sancti Iacobi de Altopassu vide le sue fortune economiche strettamente collegate alle vicende della via Francigena. La fioritura economica era notevole già alla fine del XII secolo, quando i beni della Magione di Altopascio si estendevano su buona parte delle diocesi di Lucca, del Valdarno inferiore e della Valdinievole, fino a lambire le città di Pistoia e Prato (come testimoniano le bolle di Anastasio IV del 1154, di Alessandro III del 1169, di Innocenzo III del 1198). In seguito si espanse fuori dalla Toscana, in Sicilia, in Sardegna e nel territorio di Napoli, con le obedientie (case ospitaliere); nel XII-XIII secolo, grazie al re Filippo Augusto, i Cavalieri del Tau approdarono in Francia, e quindi in Spagna, Germania e Inghilterra. Nel 1180 una casa ospitaliera venne fondata a Parigi, dove rimase attiva fino al 1567; sullo stesso luogo ancora oggi vi è la chiesa di Saint-Jacques-du-Haut-Pas. Le fortune dei cavalieri prosperarono grazie all'appoggio di papi e imperatori per la loro attività filantropica che, con il passar del tempo, trascese quella iniziale, legata all'assistenza ai pellegrini e alla manutenzione della via Romea, per dedicarsi più in generale all'assistenza ai malati. I frati di Altopascio, o del Tau, seguirono all'inizio la regola di Sant'Agostino; nel 1239 vennero assimilati alla regola di San Giovanni di Gerusalemme, con bolla di papa Gregorio IX, che li nomina "ordine sub regola equestri" degli ospedalieri di Gerusalemme. Il papa divenne depositario del "beneficio", cioè i beni dell'istituzione, e del diritto di investitura del gran maestro; ai frati restava il "giuspatronato", cioè il diritto di presentazione del "commendatario" o patrono. Una recente teoria, che fa anche riferimento al celebre affresco denominato la Cacciata del Duca d'Atene attribuito all'Orcagna e conservato a Firenze nella cosiddetta Salotta di Palazzo Vecchio (Collezione Loeser) e narrata in un recente lavoro di Vittorio L. Perrera, vedrebbe i cavalieri del Tau coinvolti nella vicenda che portò alla cacciata di Gualtieri di Brienne dalla città il 23 luglio 1343. Nel 1459 Pio II sciolse l'Ordine dei cavalieri del Tau e ordinò la confisca dei beni, per accorparli a quelli della Congregazione di Betlemme, di sua istituzione. Tuttavia, grazie alla resistenza del Gran Maestro Giovanni Capponi, che si rifiutò di obbedire, sopravvisse fino al 1588, quando confluì nell'Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano per opera di Cosimo I de' Medici, che aveva i beni in commendam. Tuttavia dei frati non si trova più notizia dopo il 1456 e nel 1472 la famiglia Capponi (la stessa di Giovanni), ottenne il giuspatronato da Sisto IV in cambio della promessa di investire 3000 fiorini in migliorie edilizie e agricole; il ruolo che era stato del capitolo dei frati di Altopascio passò allora, di fatto, ai Capponi. Altopascio sorgeva sulle rive del lago di Bientina, ora bonificato. A testimonianza di quel periodo resta ancora la Piazza del Porto e un affresco, nella chiesa di San Jacopo Maggiore, che ritrae San Jacopo, patrono dei pellegrini, mentre arriva ad Altopascio sulla prua di una barca con il simbolo del Tau. Intorno all'anno Mille lungo le principali vie di pellegrinaggio in Europa sorsero strutture per l'assistenza ai pellegrini; lo Spedale di Altopascio, tuttavia, assunse un'importanza particolare, tanto che nel 1191 il re di Francia Filippo Augusto lo cita semplicemente come Le Hopital, l'ospedale per antonomasia. Una delle prime testimonianze dello Spedale è quella di Nikulas di Munkthvera, un abate islandese che nel 1154 compì un pellegrinaggio a Roma e lasciò un diario di viaggio in cui Altopascio è citato come Ospizio di Matilde (Mathildarspitali), in quanto la fondazione ne viene attribuita alla famosa contessa. L'alta torre dell'Ospizio, con il fuoco sempre acceso sul terrazzo, e la sua campana, la Smarrita, rappresentavano un importante punto di riferimento nelle zone paludose che la circondavano. Nell'ospedale i pellegrini potevano sempre trovare ricovero, cure e cibo. L'ospitalità dei frati era così rinomata che venne citata anche da Giovanni Boccaccio, che nella decima novella della sesta giornata del Decameron fa dire a fra' Cipolla che Guccio Porco, il suo servo, aveva un "cappuccio sovra il quale era tanto untume che avrebbe condito il calderon d'Altopascio". La tradizione si è tramandata fino ai giorni nostri, e durante i festeggiamenti per la festa di San Giacomo, a fine luglio, (che prevedono anche un corteo storico, il tiro con la balestra e la ricostruzione delle attività di un borgo medievale) viene distribuito del cibo (pasta, fagioli, ecc.) da un grande calderone allestito in piazza. Elémire Zolla, filosofo e studioso di mistica, ritiene che questa rievocazione "è tra le pochissime a conservare intatte le caratteristiche rituali di una operazione alchemica". Anche Franco Sacchetti nelle Trecentonovelle (novella CCXVI) riporta una nota da cui si evince la diffusione dei frati del tau: "Avvenne per caso che un altopascino, come sempre ne sono per le terre.." L'ospedale di Altopascio divenne il più grande e attrezzato nel suo genere in tutta Europa, tanto che i pellegrini la denominavano semplicemente "l'ospedale " Raggiunse anche un alto grado di specializzazione nella cura degli ammalati; secondo Piero Bargellini il termine "pappino", che veniva dato agli infermieri toscani, potrebbe derivare non dalle "pappe" somministrate agli ammalati, ma dall'attributo di "altopascini", poi semplicemente "pascini", con cui erano chiamati i migliori assistenti ospedalieri. Il borgo murato, fondato nella seconda metà dell'XI secolo, subì nel tempo diversi rimaneggiamenti, ampliandosi e modificandosi. Il complesso comprendeva, oltre all'Ospedale, la torre campanaria e la chiesa di San Jacopo. Circondato da una robusta cinta da mura, aveva l'aspetto di un fortilizio; vi si accedeva dalla turrita porta degli Ospedalieri, tuttora esistente, dopo aver attraversato un ponte sul rio Teupascio (o "Theupascio"), ora scomparso. La Magione di Altopascio era all'inizio un complesso articolato intorno a due ampi cortili, attorno ai quali erano disposti i locali dedicati ai frati e all'accoglienza dei pellegrini. Nel XII secolo, accanto alla chiesa, venne aggiunta la torre campanaria. Di quell'epoca sono rimaste parecchie testimonianze nell'Altopascio attuale, soprattutto in piazza Ospitalieri e nella chiesa di San Jacopo Maggiore. Tra il XV e il XVI secolo lo Spedale divenne prima fortezza, poi fattoria, amministrata dalla famiglia Capponi e successivamente dai Medici. Nel XIV secolo un nobile ghibellino lucchese, Castruccio Castracani degli Antelminelli, si rese protagonista di un'epica battaglia svoltasi ad Altopascio contro le forze guelfe fiorentine guidate dallo spagnolo Ramon (o Raimondo) di Cardona, capitano della guardia pontificia sotto Giovanni XXII. Dopo aver sottomesso altri centri ghibellini, Castruccio aveva conquistato Pistoia e minacciava la stessa Firenze. Le truppe fiorentine si mossero in forze per attaccare Castruccio ad Altopascio, ma questi, non ritenendosi ancora pronto a dar battaglia e attendendo rinforzi dai Bonacolsi, dai Visconti e da Cangrande della Scala, scelse una tattica dilatoria e si acquartierò presso l'attuale Montecarlo. Assediata dal Cardona, la piccola guarnigione di Altopascio, formata da 500 uomini, dovette arrendersi alle preponderanti forze nemiche, costituite da 15.000 fanti e 2.500 cavalieri. Queste erano formate in gran parte da mercenari, tra cui francesi, tedeschi e borgognoni; nonostante l'evidente disparità di forze gli altopascesi riuscirono a resistere 26 giorni, dal 3 al 29 agosto 1325. I vincitori, stanziatisi ad Altopascio, subirono notevoli perdite per l'ambiente malsano (il centro era allora circondato da zone paludose, in particolare il padule di Bientina) e per le risse e la corruzione che serpeggiavano tra i soldati. Per questo, il 9 settembre spostò il campo alla Badia Pozzeveri, ma si rese presto conto di aver commesso un errore, in quanto era ancora meno salubre e difendibile. Nel frattempo Castruccio rinforzò le posizioni di Vivinaia, del Cerruglio (ora Montecarlo) e di Porcari. Il 21 settembre un manipolo di soldati e braccianti mandati dal Cardona a preparare un nuovo accampamento, nel tentativo di spostarsi verso la più salubre collina di Montecarlo, venne attaccato e distrutto nella zona tra Porcari e Montechiari. Il condottiero guelfo, temendo una caduta di prestigio, si preparò alla reazione schierando le sue truppe nella piana di Altopascio, che gli offriva maggiori vie di fuga. I soccorsi milanesi tardavano ad arrivare perché Azzo Visconti, nipote di Galeazzo, che era giunto a Lucca, prima di muoversi pretendeva tutta la somma pattuita (riceverà dai lucchesi 25.000 fiorini d'oro per il suo intervento). A detta del Villani, citato da Augusto Mancini nella Storia di Lucca, a convincerlo vennero mandate le più belle donne di Lucca, compresa la stessa moglie di Castruccio, Pina dei signori di Corvaia. Il 23 settembre 1325 Castruccio, con l'aiuto anche dei milanesi di Azzo Visconti, dovette accettare battaglia e affrontò i guelfi in campo aperto. Al primo attacco primeggiarono i fiorentini, ma alla seconda carica di cavalleria non ressero il contrattacco e furono ridotti allo sbaraglio; i fanti fiorentini vennero travolti dai propri cavalieri in ritirata a rotta di collo (lo stesso Cardona fuggì), mentre la cavalleria lucchese tagliava tutte le vie di fuga. Per Castruccio fu una vittoria strepitosa: i ghibellini riconquistarono Altopascio e diversi altri borghi e tutti i guelfi, compreso il Cardona, vennero fatti prigionieri. Il 29 settembre anche Signa cadde e il 2 ottobre Castruccio si spinse a Peretola. L'11 novembre (giorno di san Martino) la città di Lucca gli dedicò un trionfo in stile romano, in cui venne mostrato anche il Carroccio conquistato ai fiorentini, con la campana senza battacchio e lo stendardo fiorentino capovolto. Alle porte di Firenze Castruccio fece correre, per scherno, tre palii, uno di cavalieri, il secondo di persone a piedi e il terzo di prostitute. Inoltre, per celebrare la vittoria, coniò una moneta che fu chiamata castruccino. Dopo il periodo di maggior gloria, dal XIII al XV secolo, nel XVI secolo lo Spedale di Altopascio, come altre istituzioni religiose, attraversò una profonda crisi politica ed economica, cadendo quasi totalmente nelle mani dei Medici attraverso il meccanismo delle commende. Contemporaneamente il Concilio di Trento tentava di riportare la Chiesa al rigore originario, contrastandone la mondanizzazione. In questo clima di contrasti, Altopascio si trovò coinvolto nella lotta tra potere politico e religioso. Dopo le due successive soppressioni di Pio II (1459) e di Sisto IV (1587) lo Spedale di Altopascio subì un progressivo declino e vide diminuire la sua importanza, anche se continuò la sua attività di assistenza ai viandanti bisognosi come "ricetto" fino a che il granduca Pietro Leopoldo di Lorena nel 1773 lo soppresse definitivamente in favore dell'ospedale di Pescia. In Toscana le campagne si spopolavano, aumentavano i poveri, e per le vie divenute più insicure i rari pellegrini non bastavano più a garantire la prosecuzione della ricettività dell'Altopascio. Ma mentre andava in crisi l'attività ospedaliera, la sopravvivenza economica era assicurata dalle rendite dell'agricoltura, che, proprio perché frammentate in un territorio molto vasto, risentirono meno della crisi che aveva colpito la Toscana. L'Altopascio continuerà a sopravvivere, sostenuto dalle molteplici attività legate alla terra che gli derivano dai possedimenti sparsi in tutta Europa, e dalla rete viaria e di trasporti di cui era al centro. Nell'arco di un secolo subirà però radicali trasformazioni, sia urbanistiche che funzionali, passando da ospedale per l'assistenza dei pellegrini a castello-fortezza e successivamente a fattoria. Parallelamente attorno all'originario complesso si svilupperà un nucleo urbano che assumerà rilevanza sempre maggiore, entrando in un rapporto che si svilupperà armonicamente tra la magione di Altopascio, il paese e la campagna circostante. Gli interessi del tempo non rappresentavano più le istanze religiose e assistenziali che avevano animato le antiche istituzioni. Altopascio, con le sue rendite e la sua posizione, al confine tra i territori di Lucca e di Firenze, era ancora molto interessante economicamente e strategicamente, e sarà al centro delle lotte tra il potere civile, rappresentato dai Medici, e il potere religioso, che aveva il suo centro a Lucca. Lo stemma del comune di Altopascio è stato concesso con regio decreto del 26 gennaio 1866. Il gonfalone, concesso con decreto del presidente della Repubblica del 26 settembre 1973, è costituito da un drappo di bianco.
© wikipedia
Altopascio è è un punto tappa La Via Francigena. Puoi raggiungere Civitas Vaticana - Città del Vaticano in 25 giorni, Acquapendente in 13 giorni e Siena in 6 giorni.
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